L’Universo è più affollato del previsto: “Non siamo soli”

Un nuovo studio sfida la teoria dei “passaggi difficili” e suggerisce che l’evoluzione della vita intelligente potrebbe essere più prevedibile di quanto si creda

Per anni, la teoria dei “passaggi difficili” di Brandon Carter ha dominato il dibattito sull’evoluzione della vita intelligente. Secondo il fisico teorico australiano, lo sviluppo di esseri coscienti come l’uomo è un evento estremamente improbabile. Questa ipotesi si basa sul confronto tra i tempi evolutivi necessari alla comparsa della vita intelligente e la durata della sequenza principale delle stelle. Poiché ogni fase evolutiva rappresenta un collo di bottiglia, Carter riteneva che la nostra esistenza fosse frutto di una straordinaria casualità. Secondo questa visione, il numero di passaggi evolutivi superati dall’umanità – dall’origine della vita alla fotosintesi, fino agli organismi complessi – renderebbe improbabile l’esistenza di civiltà intelligenti altrove nell’Universo.

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Una nuova prospettiva sulla vita intelligente

Un team di ricerca internazionale guidato dalla Ludwig-Maximilians-Universität di Monaco e dalla Penn State University propone un modello alternativo. Secondo i ricercatori, l’emergere della vita intelligente dipende dalla progressiva apertura di “finestre di abitabilità” nel corso della storia del pianeta. Queste finestre sarebbero determinate da fattori ambientali come la disponibilità di nutrienti, i livelli di ossigeno, la temperatura degli oceani e la salinità. “Riteniamo che la vita intelligente potrebbe non aver avuto bisogno di una serie di colpi di fortuna per esistere”, spiega Dan Mills, primo autore dello studio. “Gli esseri umani non si sono evoluti presto o tardi, ma esattamente nel momento in cui le condizioni lo hanno permesso”.

L’evoluzione come fenomeno prevedibile

Il nuovo studio sostiene che la vita complessa non debba essere studiata considerando esclusivamente la durata della sequenza principale delle stelle, come suggerito da Carter. “Se la vita si evolve in relazione al pianeta, allora si svilupperà su una scala temporale planetaria”, afferma Jason Wright, coautore della ricerca. Gli studiosi propongono quindi di abbandonare la visione della vita come un evento fortuito e di considerarla un processo più deterministico, governato dall’interazione tra biosfera ed ecosistema. Questo approccio apre nuove prospettive sulla possibilità di trovare forme di vita intelligente su altri pianeti.

Un modello applicabile ad altri mondi?

Secondo i ricercatori, il ritmo dell’evoluzione della vita intelligente sulla Terra è stato regolato da processi ambientali, che hanno reso possibile lo sviluppo della nostra specie solo quando le condizioni erano favorevoli. “Invece di una serie di eventi improbabili, l’evoluzione potrebbe essere un processo più prevedibile”, conclude Wright. “Il nostro modello non si applica solo alla Terra, ma anche ad altri pianeti, aumentando la probabilità che una vita simile alla nostra possa esistere altrove nell’universo”. Questa prospettiva sfida l’idea che la civiltà umana sia un’anomalia e apre la strada a nuove ricerche sulla vita extraterrestre.

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