Un viaggio tra carruggi e vigneti, chiese affacciate sul mare, profumo di pesto e sentieri sospesi sull’azzurro
Vernazza non si attraversa: si raggiunge, si respira, si ascolta. Abbracciata dal mare e protetta dalle scogliere grigie che sembrano recitare il rosario del tempo, questa perla delle Cinque Terre accoglie il visitatore come un segreto svelato. Il nome potrebbe derivare dal latino verna, “nativo del luogo”: e qui tutto lo è. Le case colorate che si aggrappano l’una all’altra come superstiti, i vigneti strappati con fatica alla montagna, il vino che porta il nome del paese: la vernaccia.
Il borgo appare nei documenti già nell’anno 1080, in un atto redatto in castro Vernatio. Poi, come le onde, la storia l’ha accarezzata e scossa: nel 1207 si consegna a Genova, nel 1242 respinge le truppe dell’imperatore Federico II. Ma Vernazza è sempre rimasta sé stessa, anche quando nel 1874 la ferrovia ha infranto il suo secolare isolamento. E quando nel 1997 è entrata tra i Patrimoni dell’Umanità, l’ha fatto in punta di piedi, senza rinunciare alla sua anima.
Il borgo e il mare, un amore che sa di ardesia
Chiesa, castello e piazzetta: il cuore pulsante di Vernazza
Non è un caso se la chiesa di Santa Margherita di Antiochia è incastrata nella riva, con il fianco che sembra roccia viva. Costruita nel 1318 in stile gotico-ligure, ha un campanile ottagonale che pare un minareto e l’ingresso sull’abside, come se volesse farsi trovare solo da chi sa cercare. “La maretta vi urta e suona dentro più potente dell’organo”, scriveva Cozzani. Qui la liturgia è anche quella delle onde.
Accanto alla chiesa, il castello Doria vigila silenzioso, con il suo torrione cilindrico che resiste ai secoli. E poi c’è la piazzetta. È lì che si torna sempre. “U cantu de musse”, l’angolo delle chiacchiere: luogo di confidenza, di confine tra l’intimità e l’infinito. I pescatori tirano a secco le barche, le voci rimbalzano sui muri colorati. A quest’ora, quando il sole si arrende, il disìo si fa struggente.
Dove il sentiero si fa poesia tra cielo e limoni
Da Vernazza partono alcuni dei percorsi escursionistici più belli d’Europa. Salire verso il santuario della Madonna di Reggio, tra muretti a secco, fasce di vite, ulivi e basilico selvatico, è come percorrere una preghiera. La Madonna nera, secondo la leggenda, arrivò qui coi Crociati.
Dal lato opposto, il santuario di San Bernardino domina la costa con una vista che spazia dalla Corsica alle Alpi Marittime. Lungo il cammino, il mare si mostra e si nasconde tra le ginestre, i capperi e la violacciocca. Ogni curva è un sorso di luce.
Le feste, il palio e i riti che tengono vivo il borgo
Tra sacro e profano, l’estate è un teatro di emozioni
Il 20 luglio, Vernazza si veste di luci per la festa di Santa Margherita. Le confraternite sfilano con i crocifissi scolpiti, i rioni lùvegu (l’umido) e sciùiu (il fiorito) si sfidano in un palio che profuma di mare. La notte, i fuochi d’artificio danzano sull’acqua.
Ad agosto si celebrano le due anime del paese: quella silenziosa del santuario di Reggio, con i bambini in saio pellegrino, e quella sospesa del santuario di San Bernardino, che si festeggia l’8 settembre. Intanto, il Festival del Parco delle Cinque Terre porta teatro e musica tra le vie e le terrazze. Tutto diventa scena.
Mangiare a Vernazza: un tegame di mare e terra
Pesto, acciughe e il vino dorato dei pendii
A tavola, Vernazza racconta storie di onde e colline. Il tian d’acciughe è un tripudio di sapori: acciughe di Monterosso, pomodori e patate in un abbraccio sapido e sincero. Le trofie al pesto sono poesia verde: basilico, olio extravergine, pinoli, formaggio.
E poi c’è il vino. Sulle terrazze strappate ai dirupi cresce il Cinque Terre bianco Doc. Ma il gioiello è lo Schiacchetrà, un passito raro, di limitatissima produzione, che profuma di sole e pazienza. Completa il quadro l’olio Dop e i limoni profumati della riviera.
Un luogo da vivere, non da visitare
Nel 1999 nasce il Parco Nazionale delle Cinque Terre, che protegge questo lembo di Liguria dove l’uomo e la natura si sono incontrati per resistere. Vernazza non è un luogo da spuntare su una mappa, ma da ascoltare con rispetto.
I carruggi che scendono verso il mare sembrano volersi tuffare. Le case cercano l’acqua come assetate d’infinito. Qui il tempo si misura con la luce che si posa sulle pietre. Qui si impara a rallentare, a camminare piano, a vivere.