Polveri sahariane radioattive sull’Italia: origine svelata

Segnalate nel 2022 si pensava provenissero dai test nucleari francesi. La realtà era un’altra: i risultati dello studio pubblicato su Science Advances

Nel marzo del 2022, una massiccia tempesta di sabbia si è sollevata dal deserto del Sahara e ha trasportato polveri fini fino all’Italia e sul resto dell’Europa. Quando gli esperti hanno analizzato i campioni raccolti, è emersa una scoperta inattesa: la sabbia era leggermente radioattiva.

Siti di campionamento delle polveri della tempesta di sabbia del marzo 2022 e densità di massa della colonna di polveri (grammi per metro quadrato). I punti grigi rappresentano i 53 campioni scientificamente rappresentativi di polveri sahariane raccolti durante la campagna di scienza partecipativa. La scala dei colori corrisponde alla concentrazione stimata di polveri. I siti CSEM e CEMO, dove sono stati condotti test nucleari, sono indicati con quadrati. Le cinque PSAs, basate su studi di impronte geochimiche e sulla suddivisione geologica del Nord Africa, sono evidenziate con aree colorate. Foto: Science Advances
Siti di campionamento delle polveri della tempesta di sabbia del marzo 2022 e densità di massa della colonna di polveri (grammi per metro quadrato). I punti grigi rappresentano i 53 campioni scientificamente rappresentativi di polveri sahariane raccolti durante la campagna di scienza partecipativa. La scala dei colori corrisponde alla concentrazione stimata di polveri. I siti CSEM e CEMO, dove sono stati condotti test nucleari, sono indicati con quadrati. Le cinque PSAs, basate su studi di impronte geochimiche e sulla suddivisione geologica del Nord Africa, sono evidenziate con aree colorate. Foto: Science Advances

Inizialmente si è pensato che la radioattività fosse legata ai test nucleari francesi condotti in Algeria negli anni ‘60. Ma un’indagine più approfondita ha rivelato una verità molto diversa. La firma isotopica presente nella polvere non corrispondeva alle bombe francesi.

I risultati, pubblicati su Science Advances, indicano che le particelle radioattive provengono da esplosioni nucleari molto più lontane. Le tracce rimandano ai test atomici condotti da USA e URSS negli anni ‘50 e ‘60, il cui materiale è rimasto nell’atmosfera per decenni prima di ricadere nel Sahara.

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Il passato nucleare del deserto algerino

Il Sahara algerino non è nuovo alle radiazioni. Tra il 1960 e il 1966, la Francia ha condotto 17 test nucleari nella regione di Reggane e In Ekker. L’obiettivo era sperimentare la tecnologia atomica in un’area considerata “remota”.

Ma l’isolamento geografico non ha impedito che la popolazione locale subisse gravi conseguenze. Migliaia di algerini furono esposti alle radiazioni, con effetti che si protraggono ancora oggi. Nonostante il tempo trascorso, il rischio di contaminazione da residui radioattivi è sempre stato motivo di preoccupazione.

Quando la tempesta di sabbia del 2022 ha trasportato polveri da questa zona fino all’Europa, gli scienziati hanno deciso di verificare se contenessero isotopi riconducibili ai test nucleari francesi. I risultati, però, hanno smentito questa ipotesi.

Le analisi: cosa rivelano le polveri sahariane

Il team di ricerca ha raccolto 53 campioni di polveri trasportate dal vento e depositate in varie zone d’Europa. I test hanno rivelato la presenza di isotopi radioattivi, ma non in quantità tali da rappresentare un pericolo secondo gli standard di sicurezza dell’Unione Europea.

La vera sorpresa è arrivata dall’analisi dei rapporti di plutonio, una sorta di “impronta digitale” che permette di risalire all’origine di un’esplosione nucleare. I dati hanno mostrato che il livello di plutonio presente era inferiore a 0,07, troppo basso per essere collegato ai test francesi.

Al contrario, i valori medi erano 0,187, una cifra che corrisponde alle esplosioni nucleari condotte dagli Stati Uniti e dall’Unione Sovietica. Questo significa che le particelle radioattive del Sahara non provengono dai test in Algeria, ma da detriti sollevati dalle esplosioni più potenti avvenute altrove.

Esplosioni nucleari lontane, ma effetti globali

Né gli USA né l’URSS hanno mai condotto test nucleari nel deserto algerino. Tuttavia, le loro esplosioni furono talmente potenti da spingere particelle radioattive fino nella stratosfera, dove sono rimaste sospese per decenni.

Nel tempo, queste particelle si sono disperse in tutto il pianeta, ricadendo in zone lontane migliaia di chilometri dai siti di esplosione. Il Sahara, con le sue condizioni climatiche estreme e la sua vasta estensione, è diventato un punto di accumulo per molti di questi residui.

Quando nel 2022 la tempesta di sabbia ha sollevato le polveri, ha riportato in circolo isotopi radioattivi provenienti da test nucleari di oltre 60 anni fa. Questo fenomeno dimostra quanto gli effetti dell’energia nucleare possano estendersi nel tempo e nello spazio, ben oltre i luoghi delle detonazioni.

Cosa ci insegna questa scoperta?

Le polveri radioattive trasportate dal Sahara fino all’Europa ci ricordano che l’eredità dei test nucleari non è confinata al passato. Anche a distanza di decenni, le tracce di quelle esplosioni continuano a circolare nell’atmosfera e a depositarsi in varie parti del mondo.

L’analisi della radioattività nelle polveri sahariane non indica un pericolo immediato, ma offre importanti spunti di riflessione. È la prova concreta che gli effetti dell’inquinamento nucleare possono essere globali e, cosa ancor più grave, a lungo termine.

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