Opi, il borgo d’Abruzzo sospeso tra natura, storia e leggende

Nel cuore del Parco Nazionale d’Abruzzo, Opi racconta storie di pastori, terremoti e divinità antiche, tra sentieri mozzafiato e sapori autentici

Opi è un piccolo gioiello dell’Abruzzo incastonato nella montagna, ma il suo nome porta con sé una scia di mistero. L’ipotesi più affascinante lo collega a Ope, divinità sabina dell’abbondanza, poi assimilata dai Romani al culto di Saturno. Un’origine mitologica che affascina, ma che potrebbe non essere la più concreta. La spiegazione più verosimile riporta invece al termine latino oppidum, che significa “castello fortificato”. Questo rimando si adatta perfettamente alla posizione strategica del borgo, arroccato su un’altura come a difendere se stesso e la sua storia. Altri suggeriscono una connessione più fantasiosa con il nome Opice, presunta sacerdotessa del tempio di Vesta.

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Un’antichissima storia scolpita nella pietra

I primi segni di insediamento risalgono al VII-VI secolo a.C., grazie al ritrovamento di una necropoli nella Val Fondillo. Già nel III secolo a.C., durante le guerre tra Marsi e Sanniti, si ipotizza che un primo abitato sorgesse attorno a un tempio dedicato alla dea Ope.
Nel 1188, una bolla papale di Clemente III documenta l’esistenza delle chiese di Santa Maria Assunta e Sant’Elia. In origine, la popolazione viveva nella località Molino di Opi, ma si trasferì più in alto per ragioni difensive.

Dal medioevo all’eversione feudale

Nel 1284, la morte senza eredi di Berardo II di Sangro aprì la via alla dinastia dei D’Aquino. Il feudo passò in seguito a diverse famiglie nobili fino alla sua definitiva soppressione nel 1806. Durante questo lungo periodo, Opi fu segnata da violenti terremoti (1456 e 1654), da un’intensa attività pastorale (nel 1591 un pastore portò ben 4316 pecore sul Tavoliere), e da incursioni di briganti, come nel 1809 e negli anni seguenti all’Unità d’Italia, quando gli abitanti si rifiutarono di riconoscere il tricolore.

Un borgo che resiste e si trasforma nel tempo

Opi si presenta oggi come un paese che ha saputo sopravvivere ai numerosi terremoti che lo hanno colpito. Pur non conservando edifici monumentali, ha mantenuto intatta la sua struttura medievale, con case in pietra allineate sul ciglio della roccia, come un gregge bianco appeso al dirupo.
La descrizione più celebre è forse quella dell’artista Escher, che lo rappresentò come una nave arenata in un mare di ghiaccio. Vista dall’alto, Opi appare come una goccia, una nave o un’isola verde a seconda della stagione. Oggi, quel pugno di case immerso nel paesaggio d’altura sembra aver trovato davvero la sua Ope.

Natura incontaminata e panorami spettacolari

Inserito nel Parco Nazionale d’Abruzzo, Opi si affaccia su una corona di montagne che include il Monte Marsicano, il Monte Amaro, la Val Fondillo, la Camosciara e il Monte Greco. Da quota 1250 m, il borgo domina una valle che lo collega a Pescasseroli, conservando la tipica struttura a fuso delle comunità pastorali.

Passeggiate, fauna e tradizioni

La zona è ideale per escursioni a piedi, cavallo o in mountain bike, con oltre 50 sentieri a disposizione. D’inverno, le piste da sci di fondo dell’altopiano di Macchiarvana sono una meta perfetta. Il Museo del Camoscio, simbolo del borgo, è affiancato da un’area faunistica dove sei esemplari vivono in semi-libertà.
Da non perdere anche il Museo dello Sci, ospitato nella sede comunale, con attrezzi storici e foto d’epoca.

Cultura e spiritualità nel cuore di Opi

Il borgo ospita due chiese principali: Santa Maria Assunta, costruita nel XII secolo ma più volte rimaneggiata, e San Giovanni Battista, edificata nel Seicento. Accanto al Museo del Camoscio si trova la Foce, una gola scavata dal fiume Sangro, da cui partono diversi sentieri.
Le abitazioni, unite da una via centrale e dai vicoli detti v’ttal, testimoniano ancora la vita contadina e pastorale che ha animato Opi per secoli.

In contrada Casali, si scorgono resti di un antico luogo sacro forse dedicato alla dea Ope. Il borgo ospita anche numerose manifestazioni: la festa di Sant’Antonio Abate il 17 gennaio, quella di San Giovanni con mercatino dell’artigianato il 24 giugno, e il pellegrinaggio alla Madonna di Canneto il 21-22 agosto. A dicembre, la tradizione del catozze accende la piazza con grandi fuochi natalizi.

Sapori antichi tra formaggi, gnocchi e liquori di bosco

La cucina di Opi riflette la sua storia pastorale: m’paniccia (pane raffermo nel siero), pecora al cotturo, m’cisca, ricotta e formaggi ovini e caprini. Tra i primi piatti, spiccano i cicatelli con le foglie e le frittelle di cavolfiore.
Le feste tradizionali offrono specialità come la minestra del pastore (25 aprile), gli gnocchi al sugo e cacio pecorino (fine agosto) e i prodotti autunnali come arrosticini, caldarroste e fragolino, un liquore con le fragoline di bosco.

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