Indice
I ricercatori tedeschi: metalli possono raggiungere il sistema nervoso centrale mettendo a rischio la sicurezza neurologica a lungo termine
Creano molta preoccupazione i risultati ottenuti da una nuova ricerca condotta dalla Charité – Universitätsmedizin Berlin. Secondo quanto dichiarato dagli scienziati le microparticelle metalliche provenienti da protesi articolari più comuni possono penetrare nel sistema nervoso centrale e accumularsi nel liquido cerebrospinale. Lo studio, pubblicato su JAMA Network Open, è il primo a confermare la presenza di metalli come cobalto, cromo, titanio, niobio e zirconio nel fluido che circonda cervello e midollo spinale. L’indagine ha coinvolto 204 adulti: 102 con grandi impianti articolari e 102 senza precedenti di interventi ortopedici. I campioni di sangue, siero e liquido spinale sono stati analizzati tramite spettrometria di massa, e i risultati sollevano dubbi sulla sicurezza neurologica a lungo termine dei materiali protesici, in particolare delle leghe contenenti cobalto-cromo-molibdeno.
Metalli si diffondono nel corpo e raggiungono il sistema nervoso
Sebbene le protesi siano progettate per durare nel tempo e risultare biocompatibili, il normale logoramento e la corrosione possono generare particelle metalliche microscopiche. Queste possono migrare dai tessuti circostanti fino al flusso sanguigno, e infine raggiungere organi distanti, inclusi cuore, tiroide e cervello.
I risultati mostrano che i livelli di cobalto nel liquido spinale erano significativamente più alti nel gruppo con impianti (0,03 μg/L) rispetto al gruppo di controllo (0,02 μg/L). In aggiunta, i valori ematici di cobalto, cromo, titanio, niobio e zirconio erano più elevati tra i portatori di protesi. Il legame tra valori ematici e presenza nel liquido cerebrospinale è stato particolarmente forte per il cobalto, suggerendo che i test del sangue potrebbero predire la presenza di metalli nel sistema nervoso centrale.
Componenti a base di cobalto-cromo i più a rischio
I pazienti con impianti in lega di cobalto-cromo-molibdeno hanno mostrato le concentrazioni più alte di cobalto e cromo nel liquido cerebrospinale. Sorprendentemente, questi valori risultavano elevati anche negli impianti installati da meno di dieci anni. Inoltre, il dolore localizzato nella zona della protesi è stato associato a maggiori livelli di cobalto nel liquido spinale.
Nei soggetti con protesi prive di cobalto-cromo-molibdeno, invece, non è stato osservato alcun aumento dei metalli nel liquido spinale. Anche l’alluminio, presente in alcune leghe, non ha mostrato incrementi rilevanti. Per gli impianti cementati, i livelli di zirconio nel sangue e nel siero erano più alti, ma non nel liquido cerebrospinale.
La barriera emato-encefalica sembra intatta
La barriera emato-encefalica è stata valutata tramite i livelli sierici della proteina S-100B, risultata non alterata nei pazienti con protesi. Curiosamente, nei soggetti con cobaltemia spinale elevata, i livelli di S-100B erano inferiori rispetto ai controlli. Questo suggerisce che, sebbene la barriera sembri intatta, i metalli possono comunque attraversarla in piccole quantità.
Lo studio evidenzia la necessità di indagini future per chiarire se l’accumulo di metalli nel sistema nervoso possa essere collegato a disturbi cognitivi o malattie neurodegenerative, specialmente nei portatori di componenti a base di cobalto o in chi manifesta sintomi neurologici inspiegabili dopo un impianto.