Vita su Marte, cosa rivela la roccia “a macchia di leopardo”

Il campione, raccolto da Perseverance, potrebbe contenere indizi cruciali. Le somiglianze con le rocce terrestri

Il rover Perseverance, dell’Agenzia spaziale statunitense (NASA), ha individuato un campione geologico di straordinario interesse che potrebbe riscrivere la storia del Pianeta Rosso. Si tratta di una roccia, soprannominata “a macchia di leopardo”, caratterizzata da insolite venature scure. La sua composizione chimica presenta somiglianze con rocce terrestri modellate dall’azione di particolari microrganismi, alimentando speculazioni sulla possibile esistenza di vita marziana in un remoto passato.

Le altre notizie del canale SCIENZA

Gli scienziati restano prudenti

L’annuncio della scoperta è stato fatto durante la Lunar and Planetary Science Conference, suscitando grande interesse. Tuttavia, la comunità scientifica mantiene un atteggiamento cauto. Secondo alcuni esperti le caratteristiche della roccia potrebbero essere dovute anche a processi chimico-fisici non biologici. Le attuali analisi non sono sufficienti per giungere a conclusioni definitive.

Questa scoperta rappresenta uno dei segnali più forti mai rilevati di possibile vita marziana”, ha dichiarato Jim Green, ex scienziato capo della NASA. “Tuttavia, è fondamentale condurre ulteriori analisi per confermare questa ipotesi.”

Un indizio sulla scala della vita extraterrestre

La scoperta è attualmente classificata al livello 1 della scala di Green, un sistema che valuta la probabilità di vita aliena su una scala da 1 a 7. Per avanzare nei livelli, saranno necessarie indagini più approfondite, che richiedono il recupero del campione sulla Terra. Attualmente, Perseverance conserva la roccia in attesa di una futura missione di trasporto.

Struttura chimica e possibili tracce di vita

Il campione è stato raccolto nel cratere Jezero, un’area che miliardi di anni fa ospitava un antico lago. La roccia presenta macchie ad alta concentrazione di ferro e fosforo, mentre i centri delle formazioni sono ricchi di zolfo.

Questa composizione chimica suggerisce che le macchie si siano formate in seguito alla reazione di composti organici con minerali di ferro e solfato”, ha spiegato Joel Hurowitz, geochimico della Stony Brook University. “Sulla Terra, processi simili sono innescati da microrganismi”.

Sebbene queste reazioni possano avvenire anche senza la presenza di vita, la struttura fine della roccia indica che non ha subito processi di riscaldamento intenso, rendendo più probabile l’ipotesi biologica.

Le simulazioni rafforzano l’ipotesi biologica

Modelli sviluppati dal geobiologo Michael Tice della Texas A&M University suggeriscono che la formazione delle macchie potrebbe essere compatibile con l’attività microbica in condizioni di bassa temperatura. Questo scenario sarebbe in linea con l’ambiente di Marte 3-4 miliardi di anni fa, periodo in cui il pianeta potrebbe aver ospitato acqua liquida in superficie.

Il recupero dei campioni: una sfida economica

La NASA ha dichiarato che il recupero dei campioni di Perseverance è essenziale per confermare o smentire l’ipotesi della vita passata su Marte. Tuttavia, la missione originaria, che prevedeva di trasportare i campioni sulla Terra, è stata considerata troppo costosa, con un budget stimato di 11 miliardi di dollari.

Per ridurre i costi, l’agenzia spaziale ha coinvolto aziende private, chiedendo soluzioni alternative per rendere il progetto finanziariamente sostenibile. Il futuro della missione resta quindi incerto, ma la speranza di ottenere risposte definitive sulla possibile vita marziana non si è ancora spenta.

Fonte:

Correlati

Exit mobile version