Acqua dolce a rischio: l’intrusione salina avanza con il cambiamento climatico

Le foci fluviali saranno invase dal sale entro il 2100: in gioco ci sono ecosistemi, agricoltura e risorse idriche

Un nuovo studio internazionale pubblicato da Nature Communications, ripreso da Vincenza Soldano sulle pagine di GreenReport.it, lancia un allarme globale sull’intrusione salina nelle acque dolci. Guidata dall’Università di Utrecht e dall’istituto olandese Deltares, la ricerca dimostra che il clima che cambia sta alterando l’equilibrio tra fiumi e mare, favorendo l’infiltrazione di acqua salata nei bacini d’acqua dolce. Il rischio? Ecosistemi costieri compromessi, agricoltura in difficoltà, acqua potabile sempre meno accessibile. Secondo i dati analizzati, se non si interviene, entro la fine del secolo il livello di salinità negli estuari potrebbe crescere in misura doppia rispetto al calo del deflusso fluviale, rendendo la questione una priorità nella gestione delle zone costiere.

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Innalzamento del mare e calo dei fiumi: il mix che spinge il sale nei suoli

I ricercatori identificano due cause principali del fenomeno: il progressivo innalzamento del livello del mare e la diminuzione del flusso fluviale, entrambe collegate ai cambiamenti climatici in atto. L’acqua salata, più densa, si insinua al di sotto delle falde acquifere dolci, risalendo nel suolo e raggiungendo i campi coltivati e le riserve idriche.

Lo scenario prospettato è preoccupante: su 18 estuari analizzati in tutto il mondo – dall’Asia alle Americhe, dall’Europa all’Africa – si prevede che l’intrusione salina aumenti dal 10 al 20% entro il 2100, con impatti significativi per territori già esposti all’erosione e alla crisi idrica.

Le parole del professor Dijkstra: “Effetti su milioni di persone”

“Questo studio è il primo a considerare gli effetti combinati della variazione della portata dei fiumi e dell’innalzamento del livello del mare sull’intrusione salina su scala globale”, spiega Henk Dijkstra, professore di Fisica climatica presso l’Università di Utrecht e co-autore dello studio. Secondo l’esperto, “l’impatto sulla disponibilità di acqua dolce, sulla salute, sulla resa agricola e sulla qualità della vita nei delta può essere significativo e interessare milioni di persone. Bisogna tenerne conto nella gestione delle coste e nelle politiche di adattamento al clima”.

Anche l’Italia coinvolta: strumenti olandesi per studiare il Lago di Garda

Il professor Dijkstra collabora anche con l’Università di Trento, dove lavora con il team del professor Marco Toffolon sull’impatto del riscaldamento globale sul Lago di Garda. Qui è stato utilizzato lo stesso strumento impiegato nei Paesi Bassi: il MicroCTD, un dispositivo dotato di sensori ad alta risoluzione in grado di rilevare velocità, temperatura e conducibilità anche in acque basse.

L’uso del MicroCTD ha permesso di estendere l’analisi anche a contesti lacustri come quello italiano, fornendo ulteriori dati per la comprensione degli effetti del riscaldamento sulle riserve idriche interne.

Serve un cambio di rotta: pianificare adattamenti per le coste

Lo studio, intitolato “Global increases of salt intrusion in estuaries under future environmental conditions”, non solo fotografa lo scenario attuale, ma invita a intervenire con urgenza nella pianificazione ambientale.

La crescente salinità richiede nuove strategie per la gestione dell’acqua, l’agricoltura e la protezione degli ecosistemi costieri. L’intrusione salina va quindi considerata nei piani di adattamento al cambiamento climatico, per proteggere milioni di persone e garantire l’uso sostenibile delle risorse idriche in un mondo che cambia.

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