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L’intelligenza artificiale non ruba posti: crea nuovi ruoli, competenze e opportunità per giovani e senior. Ecco come cambiano gli organigrammi
Con la diffusione dell’intelligenza artificiale (IA), il mondo del lavoro sta attraversando un momento di ridefinizione profonda. Se inizialmente l’opinione pubblica era divisa tra timori e aspettative, oggi si fa largo una visione più equilibrata: l’IA non solo automatizza alcune attività, ma stimola la nascita di nuove figure professionali, utili a governare l’evoluzione tecnologica in corso. L’adozione delle linee guida AgID (determinazione n. 17/2025) per l’introduzione dell’IA nella Pubblica Amministrazione, rappresenta un passaggio decisivo: ogni ente – e anche molte imprese private – dovranno integrare nuove competenze e job titles per rispondere agli obblighi previsti dall’AI Act europeo.
L’uso dell’IA richiederà professionisti specializzati nei vari segmenti della catena del valore: dai data engineer, che curano lo sviluppo dei dati, agli esperti di privacy e compliance al GDPR; fino agli AI Ethics Officers, incaricati di garantire che le tecnologie siano eque, non discriminatorie e in linea con i valori umani. Il cambiamento, quindi, non si traduce in una perdita di posti, ma in una ridefinizione delle professionalità esistenti.
Nuove figure per una nuova era: dal Data Expert all’AI Jurist
Secondo le linee guida AgID, ogni struttura dovrebbe disporre di un ufficio centrale per il coordinamento dei sistemi IA, a cui faranno capo team specializzati in gestione dati, cybersecurity, etica, protezione dei dati e supervisione umana. Tra le figure chiave emerge quella dell’Human Oversight Officer, responsabile del monitoraggio dell’IA e della verifica dei suoi output.
Questa figura sarà cruciale per garantire che l’algoritmo operi in sicurezza, senza bias, tutelando la salute e i diritti dei lavoratori. L’AI Act, all’articolo 14, dedica un intero passaggio alla necessità di una sorveglianza umana efficace, attraverso interfacce uomo-macchina che rendano l’uso dell’IA trasparente e controllabile.
Come cambia l’organigramma: formazione e nuovi percorsi
La trasformazione in corso rappresenta un’occasione anche per chi è già attivo nel mercato del lavoro. Per i giovani si aprono nuove opportunità in ruoli emergenti, mentre per i professionisti con seniority l’aggiornamento diventa una leva per riposizionarsi. Ad esempio, un Data Protection Officer potrà evolvere verso il ruolo di Esperto in protezione dei dati IA, mentre un giurista d’impresa potrà diventare AI Legal Specialist, come indicato dalle linee guida AgID.
La formazione interna sarà essenziale per adattarsi a questi cambiamenti. L’articolo 4 dell’AI Act impone un vero e proprio obbligo di alfabetizzazione sull’intelligenza artificiale: i lavoratori dovranno ricevere corsi mirati, oppure formarsi autonomamente attraverso percorsi extra-aziendali.
IA e nuove professioni: sfida o vantaggio?
In definitiva, il lavoro non sparisce: si trasforma. E lo fa in una direzione indicata proprio dalle normative europee, che spingono verso un riammodernamento dell’organizzazione aziendale, senza escludere il fattore umano. Anche figure apparentemente “a rischio” avranno l’opportunità di riconvertirsi, senza essere sostituite da un algoritmo.
Adottare una visione ottimista non significa ignorare i rischi. Significa accettare la sfida dell’IA con approccio costruttivo e creare valore attraverso nuove competenze.
Una transizione epocale tra rischi concreti e promesse di innovazione
Se da un lato la narrazione ottimista sulla coabitazione tra uomo e intelligenza artificiale offre spiragli incoraggianti, dall’altro non si può ignorare il rischio reale che molte aziende decidano di sfruttare l’IA con l’obiettivo principale di tagliare i costi del personale, piuttosto che investire in una riorganizzazione inclusiva. La sostituzione automatica delle competenze umane con soluzioni algoritmiche, se guidata unicamente dalla logica del profitto, potrebbe generare esclusione, disuguaglianze e perdita di valore umano. La vera sfida sarà quella della transizione, che dovrà essere governata da politiche pubbliche lungimiranti e da una visione etica delle imprese. Sfruttare il potenziale dell’IA non deve significare abbandonare chi lavora, ma riqualificare, integrare, valorizzare.