Talent retention, aziende italiane fanalino di coda nell’Ue: le cause reali del problema

La fuga dei dipendenti qualificati costa caro alle imprese italiane: management inadeguato e strategie obsolete aggravano la crisi

Fuga di talenti: l’Italia in coda all’Europa. Secondo l’European Workforce Study 2025 di Great Place to Work, l’Italia registra il tasso più alto di dipendenti intenzionati a cambiare lavoro, con il 40% dei lavoratori che esprimono questa volontà. Questo dato supera la media europea del 31% e distanzia paesi come l’Austria (21%) e la Germania (23%). La situazione è particolarmente critica tra i giovani: il 40% dei lavoratori tra i 18 e i 24 anni prevede di lasciare il proprio impiego entro l’anno.

Costi nascosti e management inadeguato

Il turnover elevato ha un impatto economico significativo sulle aziende italiane. Una simulazione di Great Place to Work Italia stima che un’azienda con 100 dipendenti e un tasso di turnover del 10% affronti costi annuali superiori a 200.000 euro, legati alla selezione, formazione e integrazione di nuovi collaboratori. Molte imprese lamentano la difficoltà nel trattenere i talenti, ma spesso la causa risiede in un management poco qualificato e in strategie di fidelizzazione obsolete. La mancanza di investimenti in formazione, comunicazione interna e cultura aziendale contribuisce a creare ambienti di lavoro poco attrattivi.​

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Leadership e cultura aziendale: leve per la retention

Lo studio evidenzia che le aziende con una leadership efficace e una cultura organizzativa solida registrano una maggiore soddisfazione dei dipendenti e una minore propensione al cambiamento. In particolare, la presenza di sicurezza psicologica, fiducia reciproca e opportunità di crescita sono fattori determinanti per la retention. ​

Le imprese italiane che investono in questi ambiti riescono non solo a trattenere i propri talenti, ma anche a migliorare la produttività e l’innovazione interna.​

Strategie per invertire la rotta

Per affrontare la crisi di talent retention, le aziende italiane dovrebbero adottare strategie mirate, ma per farlo servirebbero manager qualificati e non personaggi incravattati la cui formazione non è sempre come viene presentata​.

Il vademecum per la employee retention firmato GPTW

Great Place to Work propone otto azioni prioritarie per migliorare la retention:

  • Equilibrio tra vita e lavoro, con orari flessibili e limiti chiari;
  • Retribuzioni adeguate, con revisioni periodiche legate al mercato e alle performance;
  • Benefit e premi, per incentivare l’adesione ai valori aziendali;
  • Fiducia tra manager e team, attraverso feedback regolari e trasparenti.

Seguono altre quattro leve essenziali:

  • Rimozione delle barriere interne, affrontando tempestivamente i problemi organizzativi;
  • Percorsi di carriera chiari, per valorizzare i collaboratori e prevenire fughe di talenti;
  • Formazione continua, che secondo il World Economic Forum migliora del 58% il tasso di fidelizzazione;
  • Smart working, utile per aumentare benessere, autonomia e produttività.

Un’occasione da cogliere, prima che sia troppo tardi

L’Italia, in ritardo rispetto al resto d’Europa, ha ora l’opportunità di invertire la tendenza. Per riuscirci, è fondamentale investire sulle persone e sul loro senso di appartenenza, adottando strategie che mettano davvero il capitale umano al centro. La fuga dei talenti, se non gestita, rischia di minare non solo la produttività delle singole imprese, ma anche la competitività dell’intero sistema economico nazionale.

Link utili:

Great Place to Work Italia

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