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Rocce vulcaniche, zeoliti e materiali da costruzione possono contenere la pericolosa fibra che risulta essere 100 volte più tossica dell’amianto
È inodore, impalpabile, naturale. Ma anche micidiale. Si chiama erionite ed è un minerale fibroso che può essere fino a 100 volte più cancerogeno dell’amianto, secondo quanto confermato da un recente studio internazionale. La sua presenza è stata documentata in numerose rocce vulcaniche, spesso utilizzate in edilizia e agricoltura, e sta suscitando seria preoccupazione anche in Italia. In passato ha causato epidemie devastanti di mesotelioma maligno, come accaduto in Cappadocia (Turchia), e oggi si teme che la sua diffusione sia sottovalutata.
Classificata dall’OMS come cancerogeno certo, l’erionite è una zeolite naturale che può trovarsi in tufi e rocce piroclastiche, ampiamente presenti in aree vulcaniche. La pericolosità non deriva da un utilizzo intenzionale, come nel caso dell’amianto, ma dal fatto che si annida in materiali ancora oggi impiegati senza un controllo specifico. Le fibre, se inalate, possono innescare meccanismi infiammatori e ossidativi così gravi da portare allo sviluppo di tumori aggressivi, anche decenni dopo l’esposizione.
Dove si trova l’erionite e perché allarma anche l’Italia
In Italia, la presenza di erionite è documentata dagli anni ’70, inizialmente nei Monti Lessini (Veneto) e in Sardegna. Ma non si esclude che altre zone vulcaniche attive o estinte, come i Colli Albani nel Lazio o i Campi Flegrei in Campania, possano contenere rocce a rischio. A livello globale, oltre alla Turchia, i depositi sono stati segnalati in Francia, Austria, Germania e Repubblica Ceca.
Il vero problema, come rilevano i geologi, è che non esiste una mappatura sistematica delle aree a rischio. E in Italia, i tufi zeolitici sono tuttora impiegati in edilizia e agricoltura. Questo significa che senza un’adeguata identificazione delle fibre pericolose, il rischio di esposizione indiretta resta concreto per lavoratori, residenti e agricoltori.
Perché l’erionite è considerata più pericolosa dell’amianto
La sua forma fibrosa allungata, la resistenza alla degradazione biologica e la capacità di provocare infiammazioni croniche rendono l’erionite un carcinogeno estremamente aggressivo. Quando inalata, viene fagocitata dai macrofagi, le cellule immunitarie che tentano invano di eliminarla. Questo processo fallito, chiamato “frustrazione della fagocitosi”, provoca una reazione a catena:
- aumento del pH nelle cellule;
- iperattivazione mitocondriale;
- produzione eccessiva di radicali liberi (ROS);
- danno al DNA e alle membrane cellulari.
Ogni volta che la fibra viene rilasciata e riassorbita, il ciclo si ripete, favorendo l’insorgenza di mesoteliomi pleurici e altri tumori maligni. È quanto accaduto in Cappadocia, dove l’impiego di tufo erionitico per costruire le case ha portato a un’epidemia con tassi di mortalità mai visti altrove.
I rischi negli usi agricoli e industriali delle rocce zeolitiche
Perché l’esposizione può essere anche indiretta
A differenza dell’amianto, l’erionite non è mai stata sfruttata intenzionalmente su larga scala, ma è presente come contaminante in materiali comunemente utilizzati:
- in edilizia: per malte, cementi, laterizi e fibrocemento;
- in agricoltura e zootecnia: per fertilizzanti, lettiere, mangimi;
- in chimica e trattamento acque: dove le zeoliti agiscono come catalizzatori e filtri.
Il rischio cresce quando rocce a uso commerciale contengono tracce di erionite non rilevate: l’estrazione, la lavorazione o la demolizione di tali materiali può liberare fibre cancerogene nell’aria, mettendo a rischio operai, cittadini e consumatori finali.
Una fibra ancora poco regolamentata
Nonostante la sua pericolosità sia ampiamente dimostrata, l’erionite non è ancora soggetta a regolamentazioni chiare come l’amianto. In Italia, è vietata la commercializzazione di minerali cancerogeni, ma l’erionite non è sempre esplicitamente indicata. Questo vuoto normativo impone un’azione urgente: servono mappature geologiche, controlli nei materiali in commercio e sorveglianza sanitaria nelle aree esposte.
La comunità scientifica e le autorità sanitarie stanno promuovendo studi di monitoraggio, protocolli di prevenzione e sostituzione di materiali a rischio, ma senza informazione pubblica e trasparente, il pericolo continuerà a essere ignorato.
L’informazione è la prima forma di difesa
L’erionite è una minaccia reale, invisibile e sottovalutata, soprattutto nelle zone dove affiora naturalmente. Le ricerche hanno chiarito i danni cellulari e genetici provocati da questa fibra, e ora è fondamentale che anche cittadini e lavoratori siano informati e protetti. Solo così sarà possibile evitare un’esposizione inconsapevole e prevenire nuove epidemie silenziose di tumori legati all’ambiente.