Secondo lo studio Rse pubblicato da GreenReport.it, il passaggio alle rinnovabili porterà un taglio significativo alle bollette elettriche. Ma serviranno politiche stabili, incentivi e scelte strategiche già da oggi
La transizione energetica potrà alleggerire il peso delle bollette per i cittadini, ma solo a patto che venga accompagnata da scelte politiche lungimiranti e investimenti continui in tecnologie sostenibili. È quanto emerge dallo studio “Il costo della transizione energetica per il consumatore finale”, redatto dal centro studi Rse – Ricerca sul Sistema Energetico, che ha analizzato in dettaglio l’evoluzione dei costi legati alla trasformazione del sistema energetico italiano da qui al 2050. Lo studio, come riportato da Ivan Manzo su GreenReport.it, offre una fotografia complessa ma incoraggiante: l’elettricità potrebbe costare fino al 27% in meno rispetto al 2019, grazie all’abbandono progressivo del gas e all’adozione massiccia delle fonti rinnovabili.
Il lavoro del team Rse prende in considerazione numerose variabili: dal costo delle tecnologie alla struttura della bolletta energetica, passando per le proiezioni dei prezzi del gas e dell’elettricità in scenari compatibili con gli obiettivi di neutralità climatica al 2050. A emergere è un quadro chiaro: la transizione ecologica può essere non solo sostenibile dal punto di vista ambientale, ma anche vantaggiosa sul piano economico per famiglie e consumatori. Tuttavia, avverte Rse, “pianificare oggi le scelte energetiche può fare la differenza per contenere i costi e garantire una transizione equa e vantaggiosa per tutti”. Un messaggio forte, che ribadisce quanto sia importante agire ora per assicurare benefici concreti nel medio e lungo termine.
Bollette in aumento al 2030, ma il gas resta il punto critico
Nel breve termine, tuttavia, i costi non diminuiranno. Le proiezioni effettuate da Rse indicano che entro il 2030 i prezzi dell’energia aumenteranno rispetto alla media del periodo 2014-2019, sia per l’elettricità che per il gas. Questo rialzo sarà in parte legato al costo della materia prima, in particolare del gas naturale, ma anche all’introduzione del nuovo sistema ETS2 (Emission Trading System), che prevede la messa all’asta delle quote di emissione a partire dal 2027. Questo meccanismo, pensato per incentivare la riduzione delle emissioni, finirà però per incidere sensibilmente sul prezzo finale dell’energia prodotta da fonti fossili.
Secondo Rse, il prezzo medio nazionale dell’elettricità nel 2030 sarà più alto del 9% in termini reali rispetto al periodo 2014-2019. Questo significa che, tenendo conto di inflazione, tassi d’interesse e altri fattori economici, il costo dell’elettricità aumenterà nonostante la diffusione delle rinnovabili sia già in corso. Per quanto riguarda il gas, lo scenario è ancora meno favorevole: dopo il picco raggiunto nel 2022, i prezzi sono oggi in calo, ma non torneranno mai ai livelli pre-pandemia. L’introduzione dell’ETS2 contribuirà a renderlo una fonte sempre meno competitiva, spingendo ulteriormente verso soluzioni alternative basate sull’elettrificazione.
Il 2050 segna una svolta: elettricità al 27% in meno, gas in declino
Il vero cambio di rotta si verificherà solo nel lungo periodo. Secondo i modelli di Rse, nel 2050 potremmo trovarci di fronte a un sistema energetico radicalmente diverso da quello attuale, in cui le centrali a gas avranno un ruolo marginale e l’energia sarà prodotta quasi esclusivamente da fonti rinnovabili. In questo scenario, il prezzo medio nazionale dell’elettricità potrebbe scendere fino a 13 centesimi di euro per kWh, ovvero il 27% in meno rispetto al 2019. Un taglio significativo, che dimostra come la transizione possa trasformarsi in un beneficio concreto per le tasche dei consumatori.
Questa prospettiva è però vincolata a una serie di condizioni: la diffusione capillare delle tecnologie rinnovabili, l’adeguamento delle reti elettriche, la gestione della domanda tramite sistemi intelligenti e una politica fiscale coerente che continui a penalizzare le fonti inquinanti. Solo se questi elementi saranno implementati in modo sinergico, il sistema potrà reggere e generare risparmi a lungo termine.
Riscaldamento elettrico: le pompe di calore battono il gas
Ma la convenienza dipende da dove e come si vive
Una parte importante dello studio Rse è dedicata al riscaldamento domestico, che oggi rappresenta una delle principali voci di consumo energetico nelle abitazioni italiane. La domanda centrale è se convenga passare dalle tradizionali caldaie a gas a soluzioni completamente elettriche come le pompe di calore. La risposta non è univoca, ma fortemente legata a quattro fattori: la tipologia abitativa (villa o appartamento), l’anno di costruzione dell’edificio, la zona climatica di riferimento e la disponibilità di detrazioni fiscali.
L’analisi mostra che nelle case monofamiliari costruite prima del 1980 e situate in zone fredde, l’utilizzo delle pompe di calore risulta particolarmente vantaggioso. “Il maggiore investimento iniziale viene compensato da un risparmio più elevato durante la vita utile della tecnologia”, si legge nello studio. Ma in altri contesti, come i condomini recenti in aree temperate, la convenienza si riduce e dipende quasi interamente dalla presenza di incentivi pubblici e dal livello di efficienza energetica dell’edificio.
Una scelta strategica che riguarda anche la giustizia sociale
In conclusione, il report di Rse sottolinea come la transizione energetica non debba essere lasciata al caso. Le decisioni prese oggi in termini di infrastrutture, incentivi, regolamentazioni e investimenti influenzeranno il costo dell’energia per le famiglie italiane per i prossimi decenni. Il futuro energetico non è solo una questione ambientale, ma anche economica e sociale: garantire un’elettricità più pulita e più economica significa anche contrastare la povertà energetica e assicurare un accesso equo ai benefici della transizione.