Clima sotto attacco, danni da 28mila miliardi causati da 111 aziende

Per la prima volta si conoscono i nomi dei responsabili dei danni al clima: in testa Chevron, responsabile fino a 3600 miliardi di dollari

Un’indagine pubblicata su Nature e rilanciata da GreenReport.it a firma di Vincenza Soldano porta alla luce una correlazione precisa e documentata: tra il 1991 e il 2020, le emissioni climalteranti prodotte da appena 111 grandi aziende hanno causato 28.000 miliardi di dollari di danni economici globali, principalmente legati a eventi di caldo estremo. Lo studio, realizzato dai ricercatori del Dartmouth College e della Stanford University, introduce un modello di attribuzione causale delle responsabilità aziendali basato sul principio “but for” – ovvero: un evento climatico non si sarebbe verificato “se non fosse stato per” le emissioni di quella specifica impresa.

Il principio “but for” e la prova del nesso causale

Il modello proposto dai ricercatori permette di collegare in maniera scientificamente solida i danni causati dal caldo estremo alle emissioni prodotte da singole compagnie fossili.
Tra i risultati più eclatanti, la Chevron – azienda al primo posto per emissioni – sarebbe responsabile di un impatto economico compreso tra 791 e 3600 miliardi di dollari.

Il coautore Christopher Callahan sottolinea: «La prosperità dell’economia occidentale si è basata sui combustibili fossili, ma proprio come un’azienda farmaceutica non può ignorare gli effetti collaterali di un farmaco, così le imprese fossili non possono esimersi dai danni causati dai loro prodotti».

Le 111 aziende fossili responsabili: chi sono i maggiori inquinatori

Lo studio si basa su un database consolidato: la Carbon Majors Database. Questo archivio, curato da enti di ricerca internazionali, raccoglie le emissioni storiche delle maggiori aziende fossili. Tra le 111 imprese analizzate, le dieci principali responsabili dei danni economici da caldo estremo comprendono giganti dell’energia come Saudi Aramco, Gazprom, Chevron, ExxonMobil, BP, Shell, National Iranian Oil Co., Pemex, Coal India e British Coal Corporation. Secondo i dati, queste società da sole sono responsabili di oltre la metà degli oltre 28.000 miliardi di dollari di danni globali attribuiti alle emissioni di anidride carbonica e metano tra il 1991 e il 2020. Lo studio utilizza un modello di attribuzione avanzato per collegare in modo causale le emissioni di ciascuna azienda ai danni climatici osservati. Il nome completo delle 111 aziende è disponibile nella banca dati pubblica, che rappresenta un punto di riferimento per valutazioni giuridiche e scientifiche sul principio “chi inquina paga”.

Le aziende nemiche dell’ambiente

  • Saudi Aramco
  • Gazprom
  • Chevron
  • ExxonMobil
  • BP
  • Shell
  • National Iranian Oil Co.
  • Pemex
  • Coal India
  • British Coal Corporation

Quando il risarcimento diventa scientificamente fondato

Il nuovo modello, oltre a fornire una base legale più solida per eventuali cause giudiziarie, rappresenta un salto di qualità nella scienza dell’attribuzione climatica. Fino ad oggi, gli approcci si basavano su misurazioni aggregate delle emissioni, senza possibilità di attribuire responsabilità individuali.
Ora, invece, grazie a simulazioni avanzate inserite in modelli climatici, è possibile confrontare il mondo reale con scenari alternativi, privi delle emissioni di specifiche aziende.

Lo conferma Justin Mankin, autore senior dello studio: «Il nostro framework è in grado di fornire solide attribuzioni di danni climatici basati sulle emissioni a livello aziendale. Questo dovrebbe aiutare i tribunali a valutare meglio le richieste di risarcimento per le perdite e i disagi derivanti dai cambiamenti climatici causati dall’uomo».

La legge del Vermont e il precedente che cambia tutto

Uno dei primi esempi concreti dell’uso di questo approccio si trova nel Climate Superfund Act del Vermont, una legge nata dopo le alluvioni del 2023 che consente allo Stato di chiedere un contributo economico alle aziende fossili responsabili – scientificamente – dei danni ambientali subiti. Anche se il provvedimento è oggetto di contestazioni legali, esso si basa proprio sulle evidenze fornite da questo studio.

Mankin aggiunge: «Questa analisi non è un esercizio predittivo. È piuttosto uno sforzo documentale in cui mostriamo cosa è già successo e ne spieghiamo le ragioni».

Le implicazioni per il diritto e il futuro del pianeta

Lo studio mette in luce anche una questione etica e politica: gran parte dei danni si concentra nei Paesi tropicali, che sono tra i meno responsabili dell’inquinamento globale ma tra i più colpiti. L’“end-to-end attribution” proposta consente di stabilire con precisione chi ha emesso, quali effetti ha causato, e quanto è costato.

Secondo i ricercatori, è arrivato il momento in cui la scienza non è più un ostacolo ma uno strumento legittimo per l’azione legale contro le aziende più inquinanti.

L’articolo originale sulle pagine di:

GreenReport.it

Nature

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