Un metodo innovativo elimina la bollitura e abbassa i consumi energetici
Un team di ricercatori del Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto per la Bioeconomia (Cnr-Ibe) ha sviluppato un metodo rivoluzionario per la produzione della birra. Grazie all’utilizzo della cavitazione idrodinamica, è stato possibile ottenere il mosto pronto per la fermentazione senza necessità di bollitura, riducendo il consumo energetico e i tempi di lavorazione. I risultati dello studio, pubblicati sulla rivista scientifica Beverages, potrebbero portare a un’applicazione su larga scala, rendendo la produzione di birra più sostenibile e innovativa.
Come funziona la cavitazione idrodinamica
Tradizionalmente, la produzione del mosto di birra prevede una bollitura a 100°C per circa 90 minuti, un processo dispendioso in termini di tempo ed energia. La cavitazione idrodinamica permette di raggiungere i 94°C senza necessità di bollitura, riducendo i consumi di oltre l’80%.
Secondo Francesco Meneguzzo, primo ricercatore del Cnr-Ibe e coordinatore dello studio, questa tecnologia non solo ottimizza il processo produttivo, ma migliora anche la qualità della birra: “La cavitazione elimina il precursore del dimetilsolfuro, una sostanza che altera il gusto della birra, con una velocità tre volte superiore rispetto alle previsioni iniziali”.
Migliore qualità e meno impatto ambientale
L’adozione di questa metodologia porta vantaggi non solo in termini di efficienza, ma anche dal punto di vista organolettico e ambientale. Il processo di cavitazione permette infatti di espellere rapidamente il dimetilsolfuro dal mosto e di favorire l’estrazione dell’amaro dei luppoli, contribuendo a una birra con un gusto più equilibrato.
“Solo grazie alla cavitazione idrodinamica, che concentra un’elevata quantità di energia in un breve periodo, siamo riusciti a ottenere questi risultati”, ha aggiunto Meneguzzo, sottolineando il potenziale di questa tecnologia per il settore brassicolo.
Un brevetto per un futuro più sostenibile
L’efficacia del metodo è stata confermata da una ricerca decennale condotta dal Cnr, che nel 2016 ha depositato il brevetto per questa tecnologia e ne ha continuato lo sviluppo nel tempo. Il progetto si inserisce in un’ottica di transizione energetica, con un impatto positivo sulla decarbonizzazione del settore alimentare.
“Abbiamo sostenuto questa ricerca sin dagli esordi, e i risultati ci stanno dando ragione”, afferma Maria Carmela Basile, responsabile dell’Unità valorizzazione della ricerca del Cnr. “Il fatto che la birra possa essere prodotta utilizzando solo energia elettrica, potenzialmente derivante da fonti rinnovabili, rappresenta un importante passo avanti verso una produzione più sostenibile”.
Con l’implementazione su scala industriale, questa innovazione potrebbe trasformare radicalmente la filiera produttiva della birra, riducendo i costi energetici e offrendo un’alternativa più rispettosa dell’ambiente senza compromettere la qualità del prodotto finale.