Un team di scienziati ha sviluppato una batteria capace di convertire le radiazioni gamma
Un gruppo di ricercatori della Ohio State University ha sviluppato una batteria innovativa in grado di trasformare le radiazioni nucleari in energia elettrica attraverso un meccanismo basato sull’emissione luminosa. Lo studio, pubblicato sulla rivista Optical Materials: X, mostra come questa tecnologia possa essere applicata per alimentare microelettronica in ambienti ad alta radiazione.
L’energia nucleare è una fonte che copre circa il 20% della produzione elettrica negli Stati Uniti, con un impatto ambientale molto ridotto in termini di emissioni di gas serra. Tuttavia, una delle sfide principali di questa tecnologia è la gestione delle scorie radioattive, che possono rappresentare un rischio per la salute e per l’ambiente. La nuova batteria potrebbe offrire una soluzione a questa problematica, permettendo di riutilizzare parte delle radiazioni prodotte dai rifiuti nucleari.
Come funziona la batteria a radiazione nucleare
Il dispositivo sfrutta una combinazione di cristalli scintillatori e celle solari per raccogliere energia dalle radiazioni gamma. I cristalli scintillatori sono materiali capaci di emettere luce quando assorbono radiazioni, e questa luce viene poi trasformata in elettricità dalle celle solari integrate nella batteria.
Il prototipo, di circa 4 centimetri cubi, è stato testato nel Nuclear Reactor Laboratory dell’Ohio State University utilizzando due isotopi radioattivi: cesio-137 e cobalto-60. I risultati hanno mostrato che il dispositivo è in grado di generare 288 nanowatt con il cesio-137, mentre con il cobalto-60 ha raggiunto una potenza di 1,5 microwatt, sufficiente ad alimentare un piccolo sensore.
“Stiamo raccogliendo qualcosa che viene considerato un rifiuto e cercando di trasformarlo in una risorsa preziosa“, ha spiegato Raymond Cao, autore principale dello studio e professore di ingegneria meccanica e aerospaziale alla Ohio State University.
Possibili applicazioni e sviluppi futuri
Queste batterie non sono pensate per l’utilizzo domestico, ma potrebbero trovare impiego in ambienti ad alta radiazione, come depositi di scorie nucleari, impianti di stoccaggio e missioni spaziali. Un aspetto importante è che, pur lavorando con radiazioni gamma molto penetranti, il dispositivo non contiene materiali radioattivi, rendendolo sicuro al contatto umano.
Secondo i ricercatori, il rendimento della batteria potrebbe essere ulteriormente migliorato lavorando sulla composizione e sulla forma dei cristalli scintillatori. “Anche la dimensione e la struttura del cristallo influenzano la quantità di energia che può essere immagazzinata e convertita in elettricità”, ha dichiarato Ibrahim Oksuz, coautore dello studio.
Le sfide della produzione su larga scala
Sebbene il concetto di batteria nucleare sia estremamente promettente, ci sono ancora molti aspetti da perfezionare. La scalabilità della produzione resta una delle principali sfide, insieme alla valutazione della durata effettiva di questi dispositivi una volta installati in ambienti ad alta radiazione.
“C’è ancora molto margine di miglioramento, ma credo che in futuro questa tecnologia possa avere un ruolo significativo nella produzione energetica e nell’industria dei sensori”, ha sottolineato Oksuz.
La possibilità di produrre energia senza necessità di manutenzione e senza emissioni aggiuntive potrebbe rendere queste batterie una soluzione innovativa per il settore nucleare e oltre.