Google monopolizza la pubblicità online: la condanna che scuote la Big Tech

Una giudice federale accusa il colosso di pratiche anticoncorrenziali nel settore dell’advertising digitale. Ora si valutano sanzioni che potrebbero smantellare il cuore del suo business

Google monopolizza la pubblicità online: arriva la storica condanna, che potrebbe cambiare per sempre il destino della pubblicità digitale: una giudice federale statunitense ha dichiarato che Google detiene un monopolio nel settore dell’advertising online, abusando della sua posizione dominante e ostacolando la concorrenza. Il procedimento è stato avviato dal governo federale e da oltre una dozzina di Stati americani, che accusano il colosso del web di pratiche scorrette nei comparti chiave dell’ad tech: server pubblicitari per editori, strumenti per inserzionisti e piattaforme di interscambio pubblicitario.

Questo è uno dei due grandi processi antitrust attualmente in corso contro Alphabet, la casa madre di Google. E, per la prima volta, sul tavolo c’è una possibilità concreta: lo smantellamento delle attività pubblicitarie della compagnia, con implicazioni pesantissime sul mercato globale.

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Un sistema chiuso che blocca la concorrenza

Secondo l’accusa, la quasi totalità dei siti web utilizza strumenti pubblicitari forniti da Google, senza alternative praticabili. “Google ha deliberatamente adottato una serie di condotte anticoncorrenziali per acquisire e mantenere il potere monopolistico nei mercati dei server pubblicitari e degli ad exchange”, scrive la giudice Leonie Brinkema nella sua decisione.

In particolare, Google avrebbe “imposto politiche restrittive ai clienti e rimosso funzionalità richieste dal mercato”, danneggiando la competitività dell’intero settore. Il risultato? “Un grave danno per i rivali, per gli editori e, in ultima analisi, per i consumatori dell’informazione sul web aperto”.

Gli editori restano intrappolati nella tecnologia Google

Editori come News Corp e Gannett hanno segnalato come l’utilizzo della tecnologia pubblicitaria di Google sia diventato obbligatorio per restare nel mercato. Questo sistema chiuso, basato su integrazioni incrociate tra software e piattaforme di gestione, non lascia spazio ad altri operatori.

La giudice ha sottolineato che “l’ecosistema costruito da Google ha impedito la libera concorrenza e ha rafforzato il suo potere di mercato”. E questo avrebbe influito non solo sui ricavi degli editori, ma anche sulla qualità e sulla varietà dell’informazione online.

Cosa rischia ora Google: possibili sanzioni in arrivo

La corte ha dato alle parti sette giorni per presentare un calendario nel quale verranno discusse le sanzioni da applicare a Google. Tra le ipotesi più concrete: l’obbligo di separare le attività legate ai server pubblicitari e alle piattaforme di scambio.

Una decisione simile inciderebbe sul cuore del business dell’azienda. Le entrate pubblicitarie finanziano servizi gratuiti come Gmail, Google Maps, YouTube e lo stesso motore di ricerca. Inoltre, alimentano investimenti in ambiti come l’intelligenza artificiale, su cui Big G sta scommettendo il suo futuro.

La stretta contro le Big Tech è appena iniziata

Questa sentenza è parte di un’offensiva più ampia del governo USA per limitare il potere delle grandi piattaforme. La volontà politica di contenere i giganti digitali è ormai un tema bipartisan, e i riflettori sono puntati anche su Amazon, Meta e Apple.

La battaglia legale è destinata a proseguire per anni e potrebbe arrivare fino alla Corte Suprema. Ma un messaggio è già arrivato chiaro: nessuna azienda, per quanto potente, può considerarsi al di sopra delle regole della concorrenza.

Fonte:

US judge rules Google monopolized online ad tech market

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