Indice
- 1 Il rover Curiosity identifica minerali carbonatici che confermano il ciclo del carbonio: Marte era un pianeta caldo, umido e potenzialmente abitabile
- 2 Un’antica atmosfera in grado di sostenere oceani liquidi
- 3 I carbonati: un archivio dell’atmosfera perduta
- 4 Marte e Terra: due destini divergenti
- 5 Missioni future per confermare la scoperta
Il rover Curiosity identifica minerali carbonatici che confermano il ciclo del carbonio: Marte era un pianeta caldo, umido e potenzialmente abitabile
Una scoperta scientifica di rilievo riaccende il dibattito sull’abitabilità di Marte: nel cratere Gale, il rover Curiosity della NASA ha identificato depositi di siderite, un carbonato di ferro formatosi in ambienti ricchi di acqua. Secondo gli scienziati, si tratta di una conferma concreta che nell’antico passato del pianeta rosso era attivo un vero e proprio ciclo del carbonio, simile a quello terrestre. Questo processo, che implica lo scambio di anidride carbonica tra atmosfera, oceani e suolo, rappresenta un prerequisito fondamentale per l’esistenza della vita. I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista Science e firmati da un team guidato da Ben Tutolo, geochimico dell’Università di Calgary e membro della missione Mars Science Laboratory.
“La scoperta di grandi quantità di carbonio nel cratere Gale è un passo avanti sorprendente e significativo per capire l’evoluzione geologica e atmosferica di Marte”, ha dichiarato Tutolo. Le analisi sono state effettuate su campioni prelevati in tre diversi punti del Monte Sharp, all’interno del cratere, in corrispondenza di strati rocciosi ricchi di solfati. I dati hanno rivelato una concentrazione inaspettata di siderite, un segnale che la CO₂ atmosferica dell’epoca è stata probabilmente assorbita nelle rocce sedimentarie, trasformandosi nel tempo in carbonati.
Un’antica atmosfera in grado di sostenere oceani liquidi
La presenza di questi minerali carbonatici non è solo una novità dal punto di vista geologico: implica che l’atmosfera marziana di miliardi di anni fa conteneva una quantità di CO₂ tale da permettere la presenza stabile di acqua liquida. Questo conferma quanto ipotizzato da tempo da numerosi modelli climatici: Marte, un tempo, non era il deserto ghiacciato che conosciamo oggi, ma un mondo caldo, umido, dinamico e potenzialmente accogliente per forme di vita microbica.
Il ciclo del carbonio, insieme alla scoperta di sali altamente solubili, rafforza l’ipotesi di una transizione climatica drastica. Secondo Tutolo, “la grande essiccazione di Marte”, che ha portato alla scomparsa di mari e fiumi, potrebbe essere iniziata proprio quando la CO₂ ha cominciato a precipitare sotto forma di siderite, riducendo l’effetto serra e facendo crollare la temperatura media del pianeta.
I carbonati: un archivio dell’atmosfera perduta
Per anni gli scienziati avevano cercato senza successo questi minerali: le analisi condotte dai satelliti in orbita attorno a Marte non avevano mai segnalato la loro presenza in quantità significative. Il fatto che Curiosity li abbia trovati in strati profondi del Monte Sharp, suggerisce che solo l’esplorazione diretta sul suolo può rivelare i segreti geochimici di Marte.
I ricercatori definiscono queste rocce come “un archivio dell’antica atmosfera marziana”. Analizzandole, è possibile ricostruire la quantità di CO₂ presente nell’atmosfera primordiale e stimare quanta ne sia stata sequestrata nelle rocce, aiutando a spiegare perché Marte abbia perso la sua abitabilità.
Marte e Terra: due destini divergenti
La nuova scoperta non serve solo a raccontare la storia passata di Marte, ma invita anche a riflettere sul presente della Terra. “Capire come Marte ha perso la sua capacità di ospitare la vita ci fa comprendere quanto sia fragile l’equilibrio del nostro pianeta”, ha detto Tutolo. “Piccoli cambiamenti nei livelli atmosferici di CO₂ possono determinare trasformazioni radicali”.
Secondo il geochimico, studiare il passato climatico marziano può essere utile anche per affrontare le sfide ambientali terrestri. Il suo lavoro si concentra da tempo su tecniche per trasformare la CO₂ in carbonati anche sulla Terra, come potenziale strategia per contrastare il cambiamento climatico.
Missioni future per confermare la scoperta
Curiosity ha percorso oltre 34 chilometri sul suolo di Marte da quando è atterrato nel 2012, contribuendo in modo decisivo alla nostra comprensione della storia geologica del pianeta. Tuttavia, i dati finora raccolti non bastano per avere un quadro completo: serviranno nuove missioni e indagini approfondite su altre aree ricche di solfati per verificare l’estensione dei depositi di carbonati.
“La domanda chiave ora è: quanta CO₂ è stata davvero sequestrata nelle rocce?”, conclude Tutolo. Una risposta definitiva a questo interrogativo potrebbe cambiare radicalmente le nostre conoscenze sull’evoluzione planetaria e avvicinarci alla verità sull’antica abitabilità di Marte.