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Il farmaco stimola la crescita neuronale senza causare allucinazioni. Nuove prospettive nella cura di molte malattie neurologiche
Un team di ricercatori dell’Università della California a Davis ha messo a punto un nuovo composto, strettamente imparentato con l’LSD, capace di stimolare la neuroplasticità cerebrale senza provocare effetti allucinogeni. La molecola, chiamata JRT, rappresenta una promettente alternativa terapeutica per disturbi neuropsichiatrici complessi come la schizofrenia, dove l’uso di psichedelici è normalmente escluso per motivi di sicurezza.
Lo studio è stato pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences e indica che il nuovo composto potrebbe essere utile anche nel trattamento di altre patologie neurologiche caratterizzate da perdita sinaptica e atrofia cerebrale. JRT è stato ottenuto modificando la posizione di soli due atomi nella struttura dell’LSD, un intervento minimo ma sufficiente a mantenerne i benefici terapeutici riducendo però il potenziale allucinogeno. “In pratica, è stato come fare una rotazione delle gomme”, ha spiegato David E. Olson, autore principale dello studio e direttore dell’Istituto per la psichedelia e le neuroterapie.
Come è stato creato il farmaco JRT
Per ottenere il composto, i ricercatori hanno impiegato quasi cinque anni di lavoro, completando un processo di sintesi in 12 fasi. Il nome JRT è un omaggio a Jeremy R. Tuck, ex dottorando del laboratorio di Olson e coautore dello studio insieme a Lee E. Dunlap.
Il risultato è una molecola che condivide forma e peso molecolare con l’LSD, ma si comporta in modo molto diverso a livello farmacologico. “Trasponendo due soli atomi, abbiamo migliorato significativamente il profilo di selettività del composto e ridotto il suo potenziale allucinogeno”, ha dichiarato Olson, che è anche co-fondatore della Delix Therapeutics, azienda che sviluppa farmaci neuroplastici.
JRT: effetti sul cervello e sicurezza nei test sui topi
Durante i test su cellule e modelli murini, il composto ha mostrato effetti neuroplastici potenti, contribuendo alla riparazione delle connessioni neuronali danneggiate. In particolare, JRT ha portato a un aumento del 46% nella densità delle spine dendritiche e del 18% nella densità sinaptica nella corteccia prefrontale.
Inoltre, la molecola non ha provocato comportamenti allucinogeni né ha stimolato l’espressione genica associata alla schizofrenia, una risposta invece comune con l’uso dell’LSD. Un altro dato sorprendente: JRT si è dimostrato circa 100 volte più potente della ketamina nel produrre effetti antidepressivi rapidi.
Nuove prospettive terapeutiche
JRT ha mostrato di migliorare in modo significativo anche la flessibilità cognitiva, agendo sui deficit di apprendimento inverso legati alla schizofrenia. Olson evidenzia come questo approccio apra nuove strade: “Nessuno vuole davvero somministrare LSD a un paziente con schizofrenia”, ha spiegato. Ma una molecola derivata, senza i rischi psicotici, può diventare un’opzione concreta.
Attualmente, nessuna terapia convenzionale agisce in modo efficace sui sintomi negativi della schizofrenia, come l’anedonia o il deterioramento cognitivo. Il solo farmaco capace di agire su questi fronti è la clozapina, ma presenta effetti collaterali importanti. JRT potrebbe offrire una soluzione più sicura e mirata.
Verso nuovi studi su malattie neurodegenerative
Il team sta ora ampliando la ricerca su JRT, testandolo in altri modelli di malattie neurodegenerative e neuropsichiatriche. Parallelamente, i ricercatori stanno migliorando il processo di sintesi e sviluppando nuovi analoghi di JRT con potenziali terapeutici ancora più promettenti. “JRT ha un potenziale terapeutico enorme”, ha concluso Olson.