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Secondo una ricerca Enea pubblicata su Sustainability, le microplastiche trasportano geni che diffondono la resistenza agli antibiotici nei suoli agricoli e nell’ambiente
Le microplastiche rilasciate nell’ambiente possono favorire la diffusione di batteri resistenti agli antibiotici, mettendo a rischio la salute pubblica e la stabilità degli ecosistemi. È quanto emerge da un’indagine scientifica coordinata da Enea, con il supporto del Joint Research Centre della Commissione europea, Crea e le Università degli Studi di Milano e della Tuscia, pubblicata sulla rivista Sustainability. Come riportato sulle pagine di GreenReport.it, questi minuscoli frammenti di plastica rappresentano superfici ideali per la formazione di comunità microbiche dove si facilita il trasferimento dei geni di resistenza tra batteri.
“Le microplastiche sono spesso presenti in ambienti contaminati da antibiotici come suoli agricoli trattati con fertilizzanti e acque reflue. Questo crea una pressione selettiva che favorisce la sopravvivenza e la proliferazione di batteri resistenti”, ha spiegato Annamaria Bevivino, della divisione Enea Sistemi agroalimentari sostenibili.
Quattro microrganismi chiave come bioindicatori
Nel corso dello studio sono stati identificati quattro batteri capaci di colonizzare la plastica abbandonata nei suoli. Questi microrganismi non solo partecipano alla degradazione del materiale plastico, ma risultano centrali nel processo di diffusione dei geni resistenti agli antibiotici. “Questo ci suggerisce che potrebbero essere usati come bioindicatori per monitorare la salute del suolo e l’impatto ecologico legato alla contaminazione da microplastiche”, ha dichiarato il ricercatore Andrea Visca.
L’analisi ha coinvolto 885 campioni di suolo provenienti da diversi Paesi europei, attraverso cui sono stati individuati 47 geni codificanti per proteine coinvolte nella degradazione di materiali plastici. Alcuni di questi geni sono associati a composti come stirene, benzoato, benzene e xilene, utilizzati nella produzione di materiali come PET e polistirolo. In particolare, il gene catE si è rivelato il più rilevante nel processo.

Le microplastiche minacciano la produttività agricola
Oltre ai rischi microbiologici, le microplastiche influiscono anche sulla qualità e produttività del suolo agricolo. L’accumulo di plastica nei terreni modifica le proprietà fisico-chimiche del suolo e ostacola lo sviluppo delle colture. “In alcuni studi, si è riscontrata una riduzione della resa agricola tra l’11% e il 24% nei suoli con alta concentrazione di microplastiche”, ha aggiunto Bevivino.
La FAO ha stimato che oltre il 30% del suolo mondiale è soggetto a degrado, con una perdita economica pari a circa 40 miliardi di dollari annui. In Europa, la situazione è ancora più critica: oltre il 60% dei terreni è a rischio, aggravato da fattori come urbanizzazione, inquinamento, cambiamenti climatici e gestione intensiva del suolo.
Fertilizzanti e compost sotto osservazione
Tra i principali responsabili dell’accumulo di microplastiche nei suoli vi sono le pratiche agricole moderne, in particolare l’uso intensivo di fertilizzanti chimici e organici, come fanghi di depurazione e compost. Questi influiscono sulla composizione microbica del terreno, alterando le dinamiche ecologiche e biologiche.
Secondo i ricercatori, è fondamentale avviare nuove strategie di monitoraggio e gestione del suolo, anche sfruttando i batteri bioindicatori individuati nello studio. Solo così sarà possibile valutare in modo efficace l’impatto della plastica sull’ambiente e garantire la sostenibilità delle attività agricole.